Castelmeteo. Un sito dedicato a Castelvetro di Modena,  meteorologia, arte, gallerie di foto antiche, moderne e la storia dell'antica fornace. A cura di Vinicio Cavallini


 

 

I negozi e le persone più popolari.

 

- La già citata Dirce aveva inizialmente un piccolo negozietto nella base della “torre delle prigioni” un autentico “buco” di 3 metri per 3 circa, che fungeva da edicola e cartoleria.

- La salumeria di Odol in via Marconi, mi colpiva il fatto che aveva perennemente una matita dietro l’orecchio.

- A fianco c’era la macelleria di Marcello, ricordo che all’esterno erano sempre esposte delle budella dalla forma molto simile a  palloncini gonfiati.

- Ancora a fianco vi era il bar della Letizia, ora al posto di questi ultimi tre, c'è l'Osteria del Rio.

- Di fronte, il negozio di alimentari e ortofrutta di Galileo. Ricordo un vasone di cioccolata tipo Nutella ma molto dura. Chi mi portava in quel negozio non poteva sottrarsi alle mie insistenze per ottenere un bel panino ripieno. Circola un aneddoto su Galileo: un giorno entrò nel suo negozio una vecchia grassa, di quelle vestite di grigio scuro allo stesso modo per tutto l'anno e da un'intera vita. Questa era nota soprattutto per il lezzo che emanava, lasciava letteralmente la scia. Quel giorno, evidentemente, il gas aveva raggiunto il livello di allarme e Galileo, stufo di annusare quotidianamente quel tanfo, disse: "Sgnòura, la stàga béin in zà, cam fa marzìr la roba!" (per i non emiliani: Signora stia lontano da lì, perchè mi fa marcire la roba!)

- Il vecchio ufficio postale,  a fianco di Marcello, nella casa che fa angolo, vetusto già allora, forse arredato negli anni ’20.

- L’altra salumeria era di Gaetti, si trovava nello stesso stabile del mulino, oggi “Villa Marconi” .

- La latteria della Rina in Via Borgo di sotto, un altro "buco" di 3x2 metri circa, era l'ex biglietteria della balera, ora lo stabile non c'è più,  c'è un parcheggio.

Su commissione andavo a prendere le bottiglie di latte fresco in vetro (a rendere) con il famoso coperchio in carta stagnola. Questo andava poi bollito per 20 minuti prima di poter essere bevuto. Quando si raffreddava si formava in superficie quello che chiamavamo “la panna” che in realtà era  una crosta formata dai grassi del latte solidificati. Questa, mangiata con lo zucchero e  l’Ovomaltina (esiste dal ’53), era di una prelibatezza unica. Inizialmente la distribuzione del latte avveniva spillandolo da una botticella in contenitori di alluminio da mezzo e da un litro.

- La tabaccheria dell’Ines, quasi davanti alla chiesa, era il posto ideale per lo spuntino pomeridiano dopo aver giocato a nascondino o a “ruba bandiera” in castello. Aveva un’ottima pizza del forno, buona anche fredda. Ricordo  anche due grossi vasi pieni di squisite caramelle sfuse, in uno erano circolari bianche e nell'altro verdi a forma di piramide (tipo Valda): erano le famose caramelle da 1 Lira ciascuna. Inoltre quando la madre dell’ Ines, già allora molto vecchia, era la sola presente nel negozio, c’era chi se ne approfittava per intascarsi abusivamente qualche caramella o chewing gum.

- Una citazione se la merita il meccanico Pelloni, in via Marconi dove c'è l'attuale meccanico, una persona semplice e allegra, che prontamente riparava le nostre maltrattate biciclette, a volte anche gratuitamente.

- All’inizio degli anni’ 60, c’era  una balera  in Via Marconi, all’incrocio con via Borgo di sotto. Fino a pochi mesi fa, prima dell’inizio della ristrutturazione, si vedeva ancora la biglietteria e la pista da ballo nel cortile interno. La sera echeggiava "Speedy Gonzalez" di Pat Boon. Io ero incuriosito da quel gradevole frastuono ma la mia età era nettamente insufficiente per l'ingresso alla balera. Ciò era molto frustrante per me  e dopo lunghe insistenze,  una sera mi portarono comunque all'interno.

- Osvaldo (marito della Dirce), faceva il barbiere sempre in via Marconi. All’interno dell’ennesimo “buco” buio, col soffitto bassissimo, teneva anche alcuni giornali e le amatissime figurine. Aveva i baffi giallognoli, pensavamo fosse  colpa di tutte le sigarette che fumava a ciclo continuo…

- Il "cinema del prete" era ubicato nella sala parrocchiale a fianco del monumento dedicato a Cialdini. Naturalmente i film proiettati erano molto puritani e i prezzi bassissimi. Qui ho visto "Maciste", "Ercole" e tanti "cappelloni". Anche la qualità del proiettore era assai bassa. Difficilmente una proiezione arrivava al termine senza "bruciature". Questa era un'ottima occasione per creare caos con fischi, urla e imprecazioni per tutto l'imprevisto intermezzo.

- Il cinema Golden, della mitica Ceschina, si trovava nell'attuale sede della ferramenta Ognibene. Qui a volte i film erano più "spinti", alcuni avevano addirittura l'odiato cartellino viola "v.m. 14". L'ingresso al cinema costava 700 lire, un sacchetto di ottime "brustoline" costava 50 e una "gazzosa" 30. Il biglietto acquistato la domenica pomeriggio valeva anche per la sera, ma però spesso proiettavano i film vietati. Per assistere abusivamente allo spettacolo "proibito" era semplicissimo: si restava in bagno per tutto l'intermezzo tra l'ultima proiezione del pomeriggio e la prima della sera.

- Il barbiere Calogero Paxia, alias "Gero", aveva il negozio in castello davanti all'asilo infantile. All'interno aveva una bellissima chitarra elettrica gialla con cui deliziava i clienti con tarantelle ed altre musiche etniche proprie dei suoi luoghi di origine. Era anche impegnato nelle attività musicali del paese.

- Giorgio "il lungo", sempre con la pipa in bocca. Era l'unico a Castelvetro che riusciva a mettere le mani nei circuiti delle TV, era considerato un vero "guru". Aprì il primo negozio di elettrodomestici, proprio davanti alla "torre delle prigioni", poi si trasferì alla Chierichina (oggi c'è una profumeria).

- Lo stesso locale del castello venne poi preso dal mio barbiere di fiducia, Gigi Botti. Era sempre aperto, anche la domenica mattina.

- Successivamente, agli inizi degli anni '70, sempre questo locale, divenne la sede della salumeria di Arrigo, soprannominato "Diopél" perchè questa era una sua tipica e bonaria  imprecazione. 

- L'emporio di Didaco e Lidia era sicuramente il negozio più pittoresco di Castelvetro. Arredato in stile anni '20, o meglio, l'arredamento era rimasto invariato da allora. Il locale, integrato nella loro abitazione, mostrava la cucina proprio di fronte all'ingresso.  Qui si trovava proprio di tutto,  davvero incredibile il numero di articoli esposti  in così poco spazio a disposizione. Ma c'era la spiegazione: il soffitto  era tappezzato completamente da oggetti penduli legati con delle corde, dalle scope alle trappole per topi, così raddoppiava quasi  lo spazio espositivo. Oltre a tanta merce era di casa anche una gentilezza e un' onestà esemplare. Didaco faceva anche la consegna a domicilio delle bombole del gas da cucina. Queste venivano legate  al portapacchi (una casetta di legno) del suo motorino  "3 marce". Didaco era anche l'unico ed ultimo taxista di Castelvetro, aveva delle Peugeot impeccabili.

- Celestino. Ennesimo "buco" 2x3 mq.  in via Gramsci. Tutti lo conoscevano, essendo l'unico calzolaio di Castelvetro. Per lui nulla era impossibile, non ho mai sentito dire che una scarpa fosse da buttare. I prezzi erano veramente popolari, davvero una persona onesta.

- I postini Iorio e Iole, coniugi. Fin dai miei primi ricordi e per tanti anni a seguire sono stati gli unici postini di Castelvetro. Erano diventati quasi un istituzione, un riferimento. La Iole arrivava con una classica Vespa 50 azzurrina, mentre Iorio aveva una Vespa 125 grigia. Quando vedevo arrivare il postino speravo sempre che ci fosse qualche dispaccio, anche pubblicitario, direttamente indirizzato a me.

- La Pelta o Palta. Era il nome non ufficiale  della Tabaccheria e cartoleria in via Borgo di Sopra. Mi sono sempre chiesto se Pelta o Palta fosse riferito alla persona o alla attività, si diceva sia "...vado in Palta" o " vado dalla Palta". Un' ipotesi assai probabile  è che Il nome in dialetto "Pelta" derivi dalla parola "appalto". Infatti lo stato appaltava la licenza dei sali e tabacchi (o drogheria in genere). Inizialmente la "pelta" era vicino alla pompa del borgo ed era gestita da una certa "Elda ed Chichéin"(Gibellini il cognome) tanto basta che la gente quando doveva recarsi in quel negozio diceva " a vag da Chichein!!" Il padre infatti della Si.ra Elda si chiamava Francesco ma veniva soprannominato "Chichein". Il fratello della Sig.ra Elda si chiamava Amos ed era il marito della bella Signora Rosa Riccò. Infatti il negozio era gestito a turno da Elda, Amos e Rosa nonchè dal padre di quest'ultima Riccò Giuseppe detto "Al Biond ed Nicola".

Poi la gestione è passata ai Caselli detti i CACIAN tanto basta che Corrado (uno degli ultimi Baruzer) era conosciuto come Corrado Cacian.  Ricordo l'echeggiare nelle vie di Castelvetro degli zoccoli del cavallo, il suo mezzo di trasporto. Per fermarsi usava il classico "Ooooohhhh....! Poi i "Cacian" trasferirono il negozio dove sorge la loro attuale casa, quasi decuplicando lo spazio a disposizione.

- L'oreficeria di Ottavio. A fianco del negozio della Dirce, Ottavio teneva perennemente la lente da orefice sull'occhio. Se ti doveva parlare la sollevava solo, ma non la toglieva!

-la merceria delle sorelle Sovieni in castello di fianco alla chiesa, una si chiamava Lalla, passava spesso per le vie del paese con la bicicletta sul cui manubrio caricava un fagotto pieno di pezzi di maglia.

- La merceria della Vilde. A fianco dell'ufficio postale quando era in Via Marconi. C'è chi ricorda il rumore del pavimento di legno quando entravi e l'odore di naftalina caratteristico di quel negozietto.

- L'ortolano. Che arrivava puntuale al mattino e gridava: "All'orto all'orto, all'ortolano!!! Frutta e verdura a buon mercato!!! Pesche limoni...." Girava tutte le vie di Castelvetro. Ce lo ricordiamo nel Borgo, si fermava vicino alla pompa.
- Il magazzino di Zocca. Era era nel palazzo dietro all'osteria del Borgo. Commercializzava stracci e ricordo che veniva deriso per questo, poveretto.

- Il dottor Gemello. L'ultimo autentico medico di famiglia, mi incuteva molta soggezione ma allo stesso tempo un'incredibile sicurezza. Inizialmente ci vistava a casa, arrivava a bordo di una Giulietta bianca e il più delle volte al prezzo di una fetta di torta, era molto ghiotto delle eccellenti torte prodotte da mia madre! I giorni seguenti la visita telefonava per sapere come andava il decorso della malattia, era davvero premuroso. Dopo la visita sentenziava la diagnosi, sempre impeccabile. Aveva una dote non molto comune: il saper ascoltare. Oggi i medici pur essendo ugualmente validi, sono subissati di pazienti, ne hanno oltre mille, quindi anche se lo volessero non potrebbero mai dare un servizio simile.

- Don Angelo. Penso che ce lo ricordiamo tutti in sella alla sua vecchia bici! Quando passava per Castelvetro aveva una parola per tutti. Lo ricordiamo con il suo lungo abito nero e un marsupio blu... Chi lo ha avuto come prof di religione si ricorderà certamente i filmini che proiettava durante le lezioni. Si narra che con la bicicletta sia arrivato fino a Lourdes e che, quando i suoi parrocchiani gli regalarono un motorino, lo sacrificò come premio della pesca i cui ricavati dovevano servire a costruire la nuova chiesa di Cà di Sola...

- Venturi Valter detto Valter Gamèla del distributore di benzina davanti a Villa Marconi, la cui simpatia e semplicità era davvero unica. Aveva sempre una parola per tutti.

- La lavanderia di Dorando. Era sempre allo stesso posto di quella attuale. Ricordo questi macchinari con grossi interruttori ed enormi spie. Aperta nel 1955 e ceduta nel 1982.

- All'incrocio del ponte vecchio, al posto dell'attuale tabaccheria, c'era il bar Messico di Tagliazucchi, detto appunto "al Mesican",  per il suo aspetto. Lo ricordo bene, era un anziano signore vestito in modo davvero insolito: pantaloni, giacca e cappello bianchi, tutto l'anno vestito così! Mai visto lavorare, sempre seduto su una sedia davanti o dentro al bar.

- A fianco c'era un mini Conad di Tino e Tina. 

- Il bar Tana, il nome era quello di battaglia del proprietario Gaetano Ferrari che spesso serviva al banco indossando un sombrero. Di tanto in tanto si esibiva suonando la chitarra e cantando canzoni sudamericane. Era nell'attuale sede di Villa Marconi, proprio all'incrocio tra Via Marconi e Via Sinistra Guerro. Ci sono tuttora rimaste le scale.

- La "baracchina" del  Babo (Venturi Saturno detto Gaméla, padre di Valter Gamela, v.sopra)) e Dario (al Cavaler) era proprio di fronte al bar Tana, dove ora c'è la tettoia per la fermata della corriera. In estate vendevano dell'ottimo cocomero a fette. Erano inseparabili compagni. Dario era un tenore mancato, aveva una voce veramente degna di nota. La baracchina, chiamata anche "la casetta in Canadà" era ritrovo di altri "personaggi" amanti delle sbaraccate. Si ricordano Muzarein, Baròl, Gidi, Al musichiere, etc. Ma sapete cosa è la "Gaméla"? La traduzione in italiano è "Gavetta" ovvero quel contenitore solitamente in metallo adibito a mantenere i cibi da asporto, usato principalmente dai militari. Credo che venisse chiamato Gaméla perché quando gli dietero la gavetta ( a militare in in africa ) anziché tradurla gavàta lui la chiamo gamella, e per questo gli rimase questo sopranome.

 

 


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